Commemorazione di Claudia
   
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Commemorazione di Claudia da parte del padre Silvio, fatta il 4 maggio 2002 al Pantheon della Certosa di Bologna

Questa commemorazione si tiene per volontà di Claudia, espressa in forma testamentaria. Cito quanto da lei scritto:
"Io sottoscritta Claudia Miniucchi, nata il 15.02.70 a Lodi, voglio che la mia salma sia cremata. Affido questo foglio alla SO.CREM di Bologna cui do mandato di eseguire la disposizione.
Voglio un servizio di raccoglimento commemorativo in forma laica".

Invito pertanto chi volesse intervenire a rispettare nel senso più ampio la volontà di Claudia in merito alla forma laica della commemorazione.

***

Cercherò di ricordare la persona Claudia Miniucchi parlando di tre argomenti, che sono tra loro correlati:

   1.   il suo desiderio di amare e farsi amare ed il suo senso
         dell’amicizia;
   2.   la malattia ed il modo come l’ha affrontata;
   3.   quello che ci ha lasciato.

Aggiungo che i contenuti generali di quanto dirò li ho discussi con Claudia principalmente il 21 aprile 2002.

Il suo desiderio di amare e farsi amare ed il senso dell’amicizia

Claudia aveva, come tutti, pregi e difetti.
Il suo carattere era complesso: razionale, ma con aspetti di testardaggine, a volte immediata e comunicativa, altre riservata.
Una delle sue ricchezze era il senso dell’amicizia. Aveva tanti amici e naturalmente trovava in ciascuno aspetti condivisi ed altri non condivisi. Le piaceva canzonare gli amici, ma sempre in modo affettuoso e innocente.
Verso tutti, la sua amicizia era sincera e profonda. Anche quando i punti di affinità non erano numerosi, lei li valorizzava e li considerava un patrimonio prezioso. Credo che spesso Claudia abbia costituito un punto di unione tra gli amici.
Questi amici l’hanno ricambiata allo stesso modo e quindi c’è stato uno scambio di sentimenti positivi di grande intensità.

Gli amici le sono stati vicino nella malattia in modo profondo, trattandola sempre come una persona completa, e non semplicemente come una malata, mai con modi sterilmente compassionevoli. Grazie agli amici ha potuto sempre affrontare la malattia continuando, appunto, ad essere una persona normale e non solo una malata.
Non credo sia necessario ringraziare gli amici di Claudia, voglio solo dire che anche mia moglie, io e l’altra nostra figlia Daniela siamo stati arricchiti spiritualmente dalla loro amicizia con Claudia e con noi.

La malattia ed il modo come Claudia l’ha affrontata

La malattia di Claudia si manifestò nel dicembre del 1998.
Ricordo che, prima di allora, Claudia ed io avevamo parlato della condizione del malato, che spesso, secondo noi ingiustamente, viene trattato solo come tale, magari con sincera compassione, ma senza comprensione della dignità della persona che il malato resta. La sola condivisione del dolore può essere sterile ed anche irritante. Claudia ed io non andavamo d’accordo su tutto, ma sotto questo aspetto la nostra intesa era completa. Tra l’altro, nel primo periodo della malattia, avevamo iniziato a scrivere insieme delle sue vicende tenendo conto delle nostre convinzioni. Mi piacerebbe riprendere quegli scritti, anche con l’aiuto degli amici.

Come dicevo, la malattia si rivelò nel dicembre 1998. Si trattava di una malattia molto seria e rara, soprattutto negli adulti (rabdomiosarcoma alveolare). Nel marzo del 1999 Claudia subì un intervento chirurgico, al quale seguirono cicli di chemioterapia e radioterapia. Ci fu una completa remissione, almeno a livello strumentale, che si protrasse per circa due anni.
Claudia disse agli amici che nel corso del primo periodo della malattia sentiva di essere migliorata spiritualmente e di avere imparato a dare il giusto peso alle cose della vita.

Nel febbraio del 2001 si manifestò una recidiva e Claudia fu di nuovo operata e sottoposta a brachiterapia.
Nel giugno 2001 apparve un’altra recidiva, difficilmente trattabile a livello chirurgico, per cui Claudia affrontò, presso l’Istituto Rizzoli, ulteriori cicli di chemioterapia, che apparentemente ebbero un buon esito.
Tuttavia, in base a concordi indicazioni dei medici, per consolidare i risultati ottenuti, si decise di sottoporre Claudia a chemioterapia ad alte dosi con autotrapianto di cellule staminali. Ciò avvenne dall’ottobre del 2001 al febbraio del 2002, vicino Torino (Istituto per la Ricerca e la Cura del Cancro di Candiolo).
Però già nell’ottobre del 2001 la malattia aveva aggredito di nuovo e la situazione si era aggravata a dicembre. Dopo il primo ciclo di chemioterapia ad alte dosi c’era stato un miglioramento, ed un ulteriore miglioramento ci fu con il secondo ciclo.
Nel marzo 2002 la situazione divenne tale da non lasciare più speranze.
Fino al giorno precedente quello del decesso Claudia aveva fasi di piena lucidità, alternate con altre di forti dolori e fasi di sopore.
Alle 4 del 2 maggio, due giorni fa, Claudia entrò in coma e alle 13 morì.

Non ho ricordato questi eventi per rattristarvi o per motivi puramente personali, ma per due ragioni che ritengo importanti in quanto portatrici di un messaggio che va oltre la vicenda di Claudia: per dare rilievo al fatto che anche nei momenti più difficili Claudia affrontò la situazione con coraggio e dignità e, soprattutto, continuando ad essere in primo luogo una persona e perché, secondo Claudia e me, la ritrosia nel parlare di tumori o addirittura nel pronunciare la parola “cancro” è cosa errata.
Lei era consapevole della situazione e del resto il suo modo di essere non si conciliava con la condotta, che forse in altri casi può essere opportuna, di non tenere il malato informato sulle sue condizioni.

Questi 3 anni  e 4 mesi sono stati difficili, ma sono stati anche bellissimi. Claudia ha dato in essi il meglio di sé, mantenendo sempre un atteggiamento positivo.

Lei in precedenza era stata per molti anni innamorata di Vittorio, con il quale poi era passata verso un sentimento, ricambiato, di profonda amicizia.
Dopo la prima operazione si era innamorata di Leandro, che ha condiviso e consolidato il suo approccio, dandole nuovi impulsi positivi. Lei faceva progetti di matrimonio, pur rattristandosi del fatto che in seguito alle terapie subite non poteva avere figli. Pensava al futuro, pur dovendo man mano restringerne i tempi.
Era diventata avvocato ed aveva cominciato a lavorare.

Anche quando le aspettative di sopravvivenza erano per tempi brevi, malgrado i malesseri dovuti alla malattia e alle terapie di contenimento dei dolori, lei ha continuato a vivere. Non ha mai voluto vegetare.
Il 21 aprile 2002 mi disse che non si sentiva colpita da ingiustizia. Cerco di citare le sue parole: “ci sono tante persone che soffrono e non hanno avuto quasi niente dalla vita. Io ho avuto molte cose belle. Non ci si può sentire colpiti perché certi problemi capitano proprio a te”. Nella stessa circostanza, aggiunse: “certo, mi pesa non aver potuto fare alcune cose (ovviamente, oltre a quelle che chi vi parla ha citato), quali viaggiare, realizzarmi nella professione di avvocato, raggiungere l’indipendenza economica”.

Parlando della malattia di Claudia non posso tacere sulla professionalità e umanità di chi ha avuto cura di lei: medici, infermieri, altro personale ospedaliero (omissis). Con approcci diversi, quasi tutti sono stati davvero esemplari e questo, oltre al suo coraggio ed alla vicinanza degli amici l’ha molto aiutata (omissis).

Quello che ci ha lasciato

Claudia ha lasciato un grande vuoto, ma anche tante cose belle, come nostro arricchimento spirituale e ricordo. Lei non credeva nella vita ultraterrena, ma desiderava che qualcosa di importante di lei rimanesse. Non c’è dubbio: questo suo desiderio si è realizzato. Dunque, non dobbiamo essere troppo tristi: dobbiamo essere consapevoli del suo esempio e valorizzarlo, per noi stessi e per gli altri. Dobbiamo vivere le nostre vite con lo stesso spirito positivo che Claudia ha dimostrato.

Spero di essere riuscito con queste mie parole ad esprimere, almeno in parte, quello che Claudia sentiva ed a dare forza a tutti coloro che le hanno voluto bene. Grazie, vi abbraccio tutti.

 

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